Mamma di periferia III

L’altro ieri, non avendo impegni urgenti, mi sono persa nel letto per dormire un poco di più. Mio figlio già sveglio si muoveva per casa. 

- Bene – pensai, -  si alza per andare a scuola. - Mi rammaricai di non avergli preparato la colazione, ma ormai non avrei fatto più in tempo. E poi potevo meritarmi un po' di riposo - in fondo - pensai - mio figlio  può benissimo arrangiarsi da solo, è pure maggiorenne, anche se da poco. -

Così mi girai  predisponendomi ad un altro pisolino. Ma un lieve rumore di  passi venne a spegnersi proprio di fronte alla porta della mia camera. Rimasi in ascolto, la schiena girata. Qualcuno toccò la maniglia e aprì piano la porta. Potevo udirne il fruscio.  Un alito d'aria.  Qualcuno entrò silenzioso. Avrei potuto girarmi e chiedere assonnata che cosa volesse, ma rimasi immobile, gli occhi chiusi, fingendo di dormire. Si fermò ai piedi del letto. Potevo quasi sentire il suo sguardo scorrermi sulla schiena. Dopo un po' un  impercettibile palpito d'aria sfiorò la mia pelle. Era il suo respiro. Indugiò  immobile,  accanto al letto, per circa un minuto. Poi, altrettanto furtivamente,  riguadagnò piano piano la porta. Sentii il debole stridore della maniglia che si richiudeva. La breve e misteriosa visita di mio figlio era finita. Subito dopo,  i passi di là si fecero più svelti e rumorosi. Finiva di prepararsi. Ho riaperto gli occhi vagamente vergognandomi di quella commedia da bella addormentata. Perché non  girarsi e chiedergli cosa volesse? Un tonfo. L'uscio di casa s'era chiuso. Altri tonfi più attutiti mi segnalarono che stava scendendo le scale. In tempo per andare a scuola.   

Gli  augurai mentalmente una buona giornata. La luce del mattino dalle persiane abbassate filtrava pigramente  fin sulle lenzuola. Mentre attendevo il nuovo sonno,  una scintilla si accese dentro di me, dando vita a  un calore che andò espandendosi in ogni parte di me stessa, un misto di fiducia e di inquietudine. Cullata da questa sensazione  mi riaddormentai.


 

Il giorno appresso vide una giovane donna piuttosto stanca attraversare il vasto cortile di accesso al caseggiato, carica di due sporte piene di spesa. Rincasavo presto, normalmente ho da lavorare fino all'ora di cena. Scalai  le rampe del condominio  -  cinque piani, l'ascensore è sempre rotto-  e finalmente infilai la chiave nella serratura dell'appartamento. Sperai che mio figlio fosse in casa, sarebbe stata un'occasione per parlare un poco. Una volta dentro mi parve  non ci fosse nessuno.  Peccato. Andai in cucina a depositare le sporte, poi in camera, ansiosa di infilarmi un paio di ciabatte. Seduta sul letto sentii dei rumori provenire dalla  stanza di mio figlio.  

“Ma allora è in casa. " mi dissi "come al solito avrà la cuffia in testa con la musica alta e non mi avrà sentito.” 

Uscii dalla mia camera e mi avvicinai alla sua porta. Era solo accostata. Per fargli una sorpresa, piano piano l’aprii.  Volevo dirgli che ero arrivata prima e che avrei potuto finalmente preparare una cena decente. 

Mio figlio era seduto di spalle di fronte al suo pc,  la cuffia calcata sulla testa.

Fui per avvisarlo allegramente che sua mamma era tornata, ma qualcosa mi fece desistere. Sullo schermo si muovevano corpi nudi. Per quello che potevo scorgere dalla mia posizione, erano scene pornografiche. A quel punto mi accorsi anche di  qualcos'altro.  Mio figlio si stava masturbando. 

Cercando di ignorare un tumulto emotivo, con grande circospezione riaccostai la porta e tornai in cucina. Una volta lì aprii il lavello, smossi cassetti, canticchiai.  Feci baccano insomma. Infatti dopo poco la porta della  stanza si  chiuse. Dopo qualche minuto mio figlio ne uscì e venne in cucina. 

“Ciao“, mi disse. Si era ricomposto. Forse si chiedeva se lo avessi scoperto. 

“Ciao!” gli feci  con la massima disinvoltura, senza guardarlo “sono ritornata prima oggi. Ti va se faccio le polpette ?” 

“Si, va bene” rispose. Pareva rasserenato. Lo avevo convinto di  non esser stato scoperto. 

Così quella sera ho fatto le polpette e siamo stati un poco a parlare insieme. Mi disse che la prof. di matematica doveva parlarmi, ed io potevo indovinare perché. “Somaro!” gli ho detto, ma ho anche aggiunto: “a tutto c'è rimedio”. Non è colpa sua, in fondo, se non studia.  Povero ragazzo, so bene che non riceve stimoli positivi. Io non ho saputo darglieli, sempre presa dai problemi di sostentamento, e non certo questo quartiere ne ha potuto fornire di migliori!

Tuttavia la sera passò  lieta. Lui rimase in casa e abbiamo guardato la televisione. Poi sono andata a letto. Ero stanca. Nell'attesa di addormentarmi, fissando il pulsare le luci della tangenziale filtrare sul soffitto, come al solito ho riepilogato le cose che mi erano successe quel giorno. Non era andata così male. E' vero, avevo sorpreso mio figlio fare quella cosa, ma tutti i ragazzi lo fanno, e non è poi niente di grave. 

Dopo però avevamo cenato insieme,  parlato un po' e questo è bene. L'avermi  confidato i problemi scolastici  almeno significa che non si è interrotto quel poco di confidenza che abbiamo. 

Ma mentre il sonno piano piano mi invadeva, un lieve fastidio che avevo cercato di ignorare per tutta la sera cominciò a pulsare dentro di me.  Era per  qualcosa che avevo notato nell'immagine  colta di sfuggita sul  monitor nella sua stanza. Sullo schermo c'erano un uomo e una donna, ora lo ricordavo. Lei era procace e verosimilmente sui trentacinque anni, la solita attrice porno; ma  il suo compagno aveva qualcosa di speciale,  era diverso. 

Quell'uomo non era un uomo, era un ragazzo.

Mentre il sonno mi vinceva provai disprezzo per l'attrice che era con lui.

 “Avrebbe  potuto essere suo figlio”  fu il mio ultimo pensiero.


 

Fine terzo episodio